Lina Viola 1929 – 2020
Ottobre 8, 2020

NEL NOSTRO CUORE UN RICORDO PIÙ DURATURO DI QUESTO SEGNO

Lina Viola

Ho conosciuto Lina Viola assieme a Luigi Serravalli (1914 – 2002) in Galleria Loreto di Rovereto durante una delle mie prime mostre agli inizi degli anni ‘80. Eravamo andati a cena al Maso Sasso, lei ci raggiunse in ritardo perché doveva occuparsi della anziana madre che già allora era bisognosa di cure, lui le chiese con non velato sarcasmo se era ancora viva, capii che era caustico perché nonostante l’età la madre di Lina non accettava questa liaison. Eppure entrambi rappresentavano il meglio dell’intellighenzia progressista e intellettuale di quegli anni ancora freschi delle illusioni e degli entusiasmi sessantotteschi: altri tempi.

Nella sua lunga vita aveva lasciato il segno sulle persone che l’hanno incontrata e sugli ambienti più vitali di Rovereto: “Insegnante, attivista culturale ma attenta anche a tutte le novità che arrivavano dalla società, dal mondo politico e anche quello sindacale” non disdegnava la sua attenzione alle persone più umili che incontrava sulla sua strada.

Infatti “è stata protagonista di una importante esperienza culturale rappresentata dall’associazione “Cultura Viva” che ha saputo negli anni radunare molti appassionati per vivacizzare il mondo intellettuale.”

Dopo una vita dedicata al lavoro – ha segnato con i suoi modi gentili generazioni di studenti dell’istituto Fontana – si ritirò in luminoso attico di Via Manzoni con un balcone ampissimo sviluppato su tre lati dell’appartamento che spaziava con la vista dal Finonchio allo Stivo e dominava l’intera città di Rovereto e il Castello a fronte. Ricordo vividamente uno la serra adibita a giardino, in cui fiorivano i gerani, le viole e la sua amata Buganvillea. I fiori erano il suo vanto ed il suo cruccio nei freddi inverni Trentini, ad essi teneva particolarmente forse perché più che ricordarle il Garda del padre Gioachino Viola (1899-1965), ex sindaco di Riva, le rammentavano i ben più vasti orizzonti del Mar Ligure, dato che spesso ritornava a La Spezia, città portuale in Liguria da dove credo provenisse sua madre.

Buganvillea

La sua intelligenza acuta, la sua ironia nonché il suo fascino non poterono lasciare indifferente il grande intellettuale, Luigi Serravalli, critico d’arte e di cinema, ma anche scrittore e grande viaggiatore, con cui condivise moti anni della sua esistenza e delle sue passioni. https://www.altoadige.it/cultura-e-spettacoli/luigi-serravalli-l-intellettuale-inquieto-1.168070

Non fu per lui solo una compagna, ma anche una valida autista, collaboratrice e segretaria che sapeva assisterlo nel suo lavoro con efficacia e discrezione. Negli ultimi anni dopo che la madre aveva lasciato libero l’appartamento, la sua dedizione si rivolse interamente a Luigi, ormai anziano e cagionevole di salute. Si era trasferito definitivamente da lei lasciando il suo monolocale progettato dall’architetto Baldessari di corso Rosmini. Monolocale adibito a studio biblioteca colma di libri e documenti di una vita intera. Lascito che Rovereto non seppe cogliere e che ora è finito con le sue spoglie in Alto Adige: lui nel cimitero di Merano, le carte tra i Fondi librari della biblioteca provinciale in lingua italiana “Claudia Augusta” di Bolzano.

Luigi Serravalli nel suo studio di Corso Rosmini Rovereto

Non poter curare le sue carte ed i suoi libri come curò la sua memoria orale dopo la scomparsa, forse fu una delle sue angustie più dolorose, ma forse col senno di poi fu anche la sua fortuna. Troppi sarebbero stati i ricordi e le fitte al cuore dato che il loro legame era lungo e intensissimo.

Furono tanti i momenti di amicizia dopo il mio primo incontro, nelle occasioni più varie e nei luoghi più disparati, fra amici comuni con o senza Luigi, ma uno di questi, il più caro, è quello che porterò sempre con me.

In occasione di una recente celebrazione dedicata a Giuseppe Sebesta andammo in Valle di Non, con l’intento di vedere Castel Belasi, luogo che molti anni prima le aveva raccomandato di visitare il padre, ma che non aveva mai potuto vedere durante la sua vita. Furono momenti di ricordi ed emozioni intime e profonde perché nel Comune di Cavedago, poco distante, era collocata la sua antica origine famigliare paterna ed i luoghi di una memoria infantile di vacanze e momenti lieti.

Quando passammo a far visita alla tomba del padre nello piccolo e splendido cimitero, in una zona panoramica circondata da una natura incantata, al cui interno è collocata la chiesetta gotica di San Tommaso, ella ricordava ognuna delle famiglie ivi sepolte, citandone i nomi ed i soprannomi in dialetto locale. Sentirla parlare il dialetto noneso, fu una sorpresa alquanto inaspettata, in quel momento si era spogliata del suo ruolo di insegnate colta e raffinata soprattutto della lingua italiana e latina. Sorpresa ancor più grande fu scoprire che l’epigrafe scritta in latino su una lastra in bronzo era di sua mano, quando ancor giovane volle esprimere in quel modo il suo cordoglio per l’amato padre.

Peccato non averla potuta salutare nella Casa di Cura Villa Regina ad Arco, trasformatasi in una trappola mortale, prima del suo ultimo rientro a casa fra i suoi libri, i suoi fiori ed i suoi ricordi.

Lina Viola, nel pieno dei suoi 91 anni, è stata cremata il 9 aprile 2020, senza che nessuno a parte i famigliari piu stretti potesse partecipare alla cerimonia funebre, a causa delle disposizioni sanitarie relative all’emergenza Covid-19.

Chissà dove ora riposano i suoi resti?