“La regina ci ha lasciati sognando un sogno”
“E’ Alimonta un innamorato della vita che ci fa credere nel sogno, che forse la vita stessa è.”
Mario Stefani 1994
Il 3 maggio 2011, all’alba di quel nuovo mondo digitale, a cui ci si approcciava con diffidenza e disagio d’altri tempi, comparve sulla pagina Facebook di Andrea Alimonta un post dell’artista di strada e costumista Giacomo Sega: “La regina ci ha lasciati sognando un sogno”.
Quest’anno in occasione del Dolomiti Pride 2023 Arcy Gay del Trentino e Nuovo Cineforum Rovereto gli rendono omaggio. Non si tratta di una commemorazione, ma di un doveroso riconoscimento postumo del suo impegno e delle sue poliedriche attività. La focalizzazione sul linguaggio del corpo, aspetto considerato “marginale e nascosto” della sua pratica estetica è una scelta mirata, ma non esaustiva della sua complessa e ricca personalità; si spera che questa fatica possa risvegliarne l’interesse e possa stimolare ulteriori studi e ricerche più approfonditi.
Andrea Alimonta se ne era andato via alla chetichella come spesso faceva quando finito il film scompariva dietro le tende rosse della porta d’uscita, prima ancora che terminasse la musica dei titoli di coda. Era nato il 17 febbraio 1950. Dopo gli studi all’istituto Salesiano di Sant’ Ilario, vinse il concorso come impiegato delle poste a Bolzano da cui, di li a poco, si trasferirà al reparto pacchi in via Largo Posta di Rovereto; come era solito dire “le mie prigioni” in cui spese gran parte della sua esistenza. Di pari passo al suo lavoro, nella vita privata non smise mai di coltivare la sua vena artistica tessendo quella trama poetica delle relazioni con le persone più disparate. Parallelamente alla sua attività di pittore che lo ha portato ad esporre i suoi quadri a Trento, Rovereto, Arco, Malcesine – compose poesie e versi e negli ultimi anni si dedicherà al teatro amatoriale.
Così lo ricorda il critico Mario Cossali nel necrologio:
« Ricordiamo Andrea Alimonta come poeta di una piccola, appassionata silloge, “DI LONTANA MAREA”, e ancor più artista dell’immagine, dipinta o assemblata con diversi materiali, sempre molto convinta di poter esprimere una traccia consistente di sincera, autentica ricerca. Ultimamente lavorava molto con il legno riuscendo intrecciare brani di un’arte popolare alpina con segmenti della più spregiudicata inquietudine. Era una persona che annusava l’aria del proprio tempo, documentandosi in ogni ambito: seguiva per esempio con costante attenzione gli scenari contemporanei del cinema e da essi traeva spunto per le sue meditazioni creative».
Al di là di questo ricordo autorevole, ma rispondente ad una dovuta sintesi formale del momento, andando a vedere chi è stato veramente Andrea negli anni ‘80 fino al primo decennio di inizio secolo, scopriamo che prima del suo trasferimento a Borgo Sacco, la sua casa di via Dante a Rovereto fu uno dei riferimenti più conosciuti e amati degli ambienti LGBT del basso Trentino: non dimentichiamo che è stato fra i primi membri del gruppo omosessuale “Le lucciole” che ha contribuito alla nascita di Arcigay del Trentino.
Mentre a Roma si svolgeva il primo Pride ufficialedella nostro paese nel 1994 al Bar Locos’s di Rovereto Andrea presentava il suo primo e unico libro di poesie: “DI LONTANA MAREA”- Editoria Universitaria Venezia: non a caso l’anagramma perfetto del suo nome, definito da Donata Zoe Zerbinati nella postfazione come l’uomo che parla di se stesso: “in esso risuona il gusto del sentimento che lo caratterizza. e, per felicissima coincidenza, ci rammenta la forza prima degli incontri del cuore e della carne, la madreluna, che muove ogni acqua”. 1
Per la prefazione l’ intellettuale e poeta Mario Stefani (1938 – 2001), con il quale c’era una forte condivisione e affinità riguardo i propri desideri più intimi scrive: “la poesia di Alimonta è come un marmo dalle venature profonde, dai segni precisi ma anche cangianti come opale.”2
Ciò che però lo ha reso protagonista della vita gay-friendly di allora non furono i quadri e forse nemmeno le poesie; furono i suoi rari ed esclusivi spettacoli “en travesti” cioè sostenuti da un travestimento con abiti e trucchi femminili molto simile agli spettacoli delle drag quenn.3 Questi spettacoli di “trasformismo” erano vere e proprie performance, forse un po acerbe e talvolta naïf, ma sicuramente ante litteram, come si vede dai filmati ripresi dal vivo in locali notturni ed all’ex trattoria “La Lanterna” di Rovereto. Su invito dell’artista Francesca Maffei, che curava le attività artistiche del locale, questi eventi pubblici rappresentarono per Alimonta la punta di diamante di quel’ ostensione creativa e propria fierezza che va oltre l’intrattenimento e sfocia in quell’atto sostanziale di rivendicazione, che oggi chiameremmo con l’espressione inglese “coming out”4.
1Donata Zoe Zerbinati, Posfazione in Andrea Alimonta, “DI LONTANA MAREA”– Editoria Universitaria Venezia 1994
2Ibidem. Non dimentichiamo che M. Stefani, amico di Giorgio De Chirico e di Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, ebbe come maestri Aldo Palazzeschi e Diego Valeri. Nel’ 1984 fu uno dei soli tre intellettuali che accettarono di farsi intervistare sul tema “omosessualità e cultura” all’interno del libro “La pagina strappata”, pubblicato in quell’anno a cura di Giovanni Dall’Orto.
3Drag queen: uomo che indossa abiti e assume espressione e atteggiamenti del genere femminile, o comunque non socialmente associati al proprio genere, per motivi artistici, d’intrattenimento.
4L’espressione completa da cui deriva il termine è “Coming out of the close” ovvero “uscire fuori dall’armadio”, uscire fuori”, “uscire allo scoperto”, da quel metaforico ripostiglio a muro dentro il quale si cela il proprio più grande segreto e, in questo caso, il proprio orientamento sessuale e/o la propria identità di genere.
Il tutto in un contesto locale e famigliare impreparato a questo genere di manifestazioni, infatti se nei centri urbani i costumi cambiavano velocemente, in provincia questo processo era molto più lento. Il suo essere drag è la testimonianza diretta di chi ha vissuto in prima persona una lotta clandestinamente fondamentale per tutti. Andando indietro nella storia del movimento, per capire come si sia sviluppato la cultura drag, si scopre che l’arte del travestimento, considerata nel bene e nel male fra le più emblematiche del movimento omosessuale, rappresentava sì una valvola di sfogo per le persone che si sentivano discriminate, ma contribuiva alla costruzione di nuove identità e soggettività collettive. Dalla Seconda Guerra Mondiale, quando a Londra un gruppo di uomini gay vestiti da drag queen uscirono allo scoperto e si diffuse il termine coming out, fino al 1969 a New York, in cui le leggendarie drags di Stonewall iniziarono lo scontro con la polizia e implicitamente la lotta per la rivendicazione dei diritti LGBT con il primo Pride dell’anno successivo, ad oggi si è fatta molta strada.
In questo contesto possiamo affermare che, nell’arco temporale di un cinquantennio l’epoca drag e il movimento dei pride condivisero i costumi, l’arte e le musiche di quella svolta radicale che affonda le radici negli ambienti di sinistra degli anni sessanta / settanta. Qualcuno afferma che già dagli anni del rock and roll si sviluppa quel senso di ribellione e di insofferenza verso qualsiasi normatività che l’arte e la musica pop porteranno con sè prima che il consumismo ne deteriorasse i valori. Un decennio dopo il film “Sleep” – 1964, espressione tipica della camp culture, venne presentata sul fronte artistico la serie “Ladies and Gentlemen”: 250 ritratti di drag queen e donne trans latine e afroamericane di New York di Andy Warhol. Commissionati dal gallerista Luciano Anselmino, questi lavori arrivarono in Italia al Palazzo dei Diamanti di Ferrara con la presentazione al catalogo di Pier Paolo Pasolini e non mancarono di destare polemiche, anche perché mentre i quadri venivano venduti carissimi i soggetti ritratti vivevano nella precarietà e nella povertà. Il brano musicale “Don’t dream it, be it!“, del musical “The Rocky Horror Picture Show”, vero e proprio inno alla libertà sessuale del tempo, conferma come la musica ispirò ed accompagno l’immaginario drag. La stessa Disco Music degli anni settanta proveniva da quegli ambienti. Non mancarono le influenze letterarie: Fernanda Pivano e i suoi amici della Beat Generation dettero impulso alla rivista FUORI! Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano di Angelo Pezzana, pubblicata dal 1972 fino al 1982.
Atmosfere di una temperie culturale di grande vivacità che ovviamente in Italia e nella Rovereto di Andrea arrivarono a gocce e forse solo tramite i media e il cinema. Andrea per i suoi spettacoli, non si accontentava di esibire in playbak Raffella Carra, Mina, ecc, ma avvalendosi di una cultura cinematografica e sonora molto raffinata che attingeva dalla filmografia e discografia internazionale come ad esempio Marlene Dietrich, Jean Moreau, Bruce Fowler, Tom Jones, Dinah Washington, ecc. che fornirono le colonne sonore dei suoi spettacoli in cui faceva ampio uso del playback. Frequentava saltuariamente il Lovers Film Festival- Torino LGBTQI+ Visions di Torino, nato nel 1986 per iniziativa di Ottavio Mai e Giovanni Minerba. Anche in regione arrivarono gli spettacoli in cui gli artisti si confrontavano implicitamente e velatamente con queste tematiche. Dal festival “Dro de sera” a “Oriente Occidente” alle rassegne teatrali regionali con attori italiani come Paolo Poli, Ennio Marchetto, il giovane Arturo Brachetti, ed anche stars internazionali come Pina Bausch e Lindsay Kemp, al cinema e il cineforum di cui fu socio fin dall’inizio.“Querelle de Brest” – 1982, l’ultimo film diretto da Rainer Werner Fassbinder, “Il bacio della donna ragno” 1985 diretto da Héctor Babenco, i film di Pedro Almodóvar, “Priscilla, la regina del deserto” – 1994 diretto da Stephan Elliott furono i primi rari film a tema.
Il concetto di performance cosi come la conosciamo nell’arte contemporanea, era molto di là da venire, la conseguenza fu che questo tipo di arte fuggiva ad una chiara definizione della critica convenzionale essendo essa relegata nell’ambito circoscritto di una subcultura lesiva del buon costume piccolo borghese – a meno che non rientrasse in quell’ambito farsesco e popolare dell’inversione di ruoli proprio del carnevale o del filone burlesque delle macchiette teatrali, televisive e cinematografiche. Aiutato dal costumista Giacomo Sega e il deejay Silvano Brugnara; ma soprattutto agevolato dalle nuove tecnologie audiovisive emergenti, Andrea Alimonta non si arrese e prosegui per la sua strada senza badare a nulla e a nessuno declinando a modo suo la nostra lotta di liberazione esibendosi in locali notturni invece che manifestare alle parate.
Anche se difficile da analizzare e capire fino in fondo il rapporto fra le lotte per la rivendicazione dei diritti LGBT e il fenomeno drag è ancora da sviscerare. Come scrive Emilliano Morreale: “il drag è un movimento di rivendicazione del se e del mondo provocatoriamente impolitico ma che finisce con l’avere conseguenze drammaticamente politiche e si deve muovere con difficoltà tra ogni rivendicazione. Spesso malvisto dagli eterosessuali, dai gay, dalle femministe, in fondo il drag è irrivendicabile politicamente perché, col suo essere performance totale, rifiuta ogni essenzialismo e finisce col minare quello di chi la guarda”1.
1Emilliano Morreale prefazione, in Eleonora Santamaria, Drag, storia di una sottocultura, 2021
Andrea Alimonta con la sua concreta e poliedrica esperienza individuale è riuscito a declinare in maniera molto singolare questa espressione artistica che ha segnato faticosamente i costumi del ‘900, manifestando con coraggio un grande talento creativo nascosto alla ribalta dei media. Come disse RuPaul: «Nudi siamo venuti su questa terra, e il resto e drag», per quanto possa sembrare effimero e fugace questo modo di esprimersi, c’è qualcosa di profondo, nella sua arte come nelle sue poesie, “non vi è il disimpegno, né l’atarassia, ma la goduta gioia dei sensi che paiono vivere altra dimensione che il tempo.”1
Per concludere, citando lo slogan che girava nei giorni della sua scomparsa
“La regina ci ha lasciati sognando un sogno”, oggi possiamo affermare che Andrea Alimonta – catapultato dal destino in una provincia ostile, lontano dalle università, dai programmi televisivi e dalle avanguardie dei salotti intellettuali che, alle soglie del XXI secolo, hanno contribuito a sdoganare questi temi – ha avuto il coraggio di vivere pienamente la sua vita nel suo lavoro, nelle strada e nelle notti folli. Dunque proprio per questa sua fedeltà a se stesso ha contribuito a rendere vero quel sogno guadagnandosi il titolo di militante del movimento in difesa dell’ autodeterminazione dei diritti LGBT, tramite le sue performance colorate da uno strascico di eleganti make-up, paillette e lustrini.
Osvaldo Maffei
1. Mario Stefani, Prefazione in Andra Alimonta, “DI LONTANA MAREA”– Editoria Universitaria Venezia 1994